Il programma del Lunedì sera

       

Il programma del Lunedì sera

   

De Giovanni a IBDC: “Si pensa poco ai tifosi, soprattutto quelli fuori Napoli”

De Giovanni a IBDC: “Si pensa poco ai tifosi, soprattutto quelli fuori Napoli”

Maurizio De Giovanni, presente a ‘Il Bello del Calcio’ a 11 Televomero, ha effettuato un monologo a inizio puntata.

Questo il lungo messaggio del popolare scrittore:

“Oggi, in un programma di tifosi in una radio napoletana, ha telefonato un tifoso dal Brasile. Ha detto qualche parola all’inizio qualificandosi e dicendo chi era e da dove chiamasse. Telefonava da una città minore del Brasile.
Dopo qualche parola, è scoppiato a piangere e il conduttore gli ha chiesto perché. Lui ha risposto che quando il Napoli perde, la sua settimana è tutta diversa nei rapporti sociali con le persone.

Io credo che si pensi poco ai tifosi: non solo ai napoletani che vanno al Maradona a sostenere la squadra, come un tifoso deve fare, e che fischiano a fine partita come hanno diritto di fare. Si pensa poco soprattutto a quelli che sono fuori Napoli, cambia tutto. Essere tifoso del Napoli è questione d’identità, non finisce con la fine della partita. Manca un pezzo. I tifosi fuori da Napoli sono stati molto felici, per loro è ancora più bruciante dover vivere questa condizione. Credo che la società, i giocatori, l’allenatore e lo staff tecnico dovrebbero pensare di più ai tifosi: quella maglietta, come tutte le altre, rappresenta qualcosa. Ma questa maglietta rappresenta l’anima, l’umore e lo stato d’animo di una città. Sarebbe giusto ricordarsene e dare un po’ di più, non soltanto per vincere ma soprattutto per sapere di essere usciti dal campo sapendo di aver dato tutto.

I tifosi del Napoli applaudono se perdi ma hai dato tutto, ma questa squadra non sta dando tutto e non è nemmeno una squadra in questo momento.
Credo sia necessario un momento di riflessione pensando ai tifosi lontano da Napoli e ai club di tifosi che si riuniscono solo per vedere la partita e per specchiare, nei loro occhi, la loro identità”.

Cassano contro De Laurentiis: “Il disastro è colpa sua”

Cassano contro De Laurentiis: “Il disastro è colpa sua”

Antonio Cassano “distrugge” il lavoro di Aurelio De Laurentiis. L’ex calciatore di Roma e Real Madrid, direttamente dai microfoni Rai durante la Domenica Sportiva, ha commentato la stagione del Napoli.

“Il disastro di quest’anno lo ha fatto De Laurentiis, è colpa sua. Non ha saputo scegliere l’allenatore giusto” le parole di Cassano sul patron azzurro.

Ciao, Alfonso

Ciao, Alfonso

Con il cuore colmo di tristezza, la famiglia de Il Bello del Calcio comunica la scomparsa di Alfonso Quaranta, ideatore e produttore dei fortunati programmi che da quindici anni ormai ci accompagnano.
La storia di Alfonso parte da lontano: da illuminato imprenditore nel settore automobilistico e in quello della ristorazione, fino all’approdo in tv con il format de “Il Bello del Calcio” – che in pochi anni è riuscito subito a imporsi tra le emittenti campane chiamando a sé le migliori attenzioni anche nazionali – e qualche anno più tardi di “Giochiamo d’Anticipo”.
Grazie alle geniali trovate e alla sua passione mai tramontata fino all’ultimo giorno, Alfonso è stato un faro sin dal primo momento per tutti noi che lo abbiamo accompagnato dentro e fuori le scene, prima, dopo e durante la messa in onda dei programmi che ha sempre seguito ogni giorno della sua vita lavorativa.
Grazie anche e soprattutto al suo lavoro, le nostre trasmissioni hanno sempre offerto e ancora offrono ai nostri numerosi telespettatori ospiti di calibro nazionale e internazionale, per raccontare con lucidità, arguzia e professionalità le vicende relative al calcio napoletano e nazionale in toto.
Non dimenticheremo in alcun modo i suoi insegnamenti e proveremo ogni volta a onorare la sua memoria. Il Bello del Calcio e Giochiamo d’Anticipo sono creature nate dalla sua volontà e dalla sua passione per quel calcio che ha sempre seguito con discrezione e educazione, negli ultimi anni già condiviso con l’attività e il lavoro di Claudia Mercurio, ideatrice con lui dei format, conduttrice e parte integrante di quella produzione che da oggi accelera nella memoria di Alfonso.
Il suo essere vulcanico e ribelle, il suo essere sognatore innamorato del lavoro, proveremo a riversarlo ora nel nostro lavoro quotidiano, con la missione di offrire sempre ai nostri telespettatori il programma migliore anche nei prossimi anni. Proprio come ci ha insegnato lui.

La redazione

DODICESIMO UOMO – L’avete chiesto ai tifosi?

DODICESIMO UOMO – L’avete chiesto ai tifosi?

Ammettiamolo, il calcio moderno è oggi sicuramente in preda ad una crisi di identità: squadre senza bandiere, maglie di calcio che sembrano  volantini di supermercati, senza vessilli e colori storici, stadi che diventano sempre più discoteche instagrammabili, che non templi domenicali dove sfoggiare la propria fede calcistica, scevra dei risultati, senza se e senza ma.

Diciamoci la verità: questo calcio, ai tempi del VAR, con regole che sono oggetto di interpretazione continua, non attira più come una volta.

Fuorigioco evidenti che vengono fischiati anche dopo tre minuti di gioco sono l’esatta rappresentazione, la punta di iceberg, di uno sport in cui le partite ormai assomigliano sempre più ad un’inutile pantomima, piuttosto che a sani e corretti incontri sportivi.

In questa direzione, calendari pazzi che costringono i tifosi a stare dieci giorni senza partite, per poi vedersi catapultati sugli spalti il sabato santo prima di Pasqua alle ore 12, vittime di un calcio che ormai ha perso di vista completamente il primo consumatore finale, quello che da anni stoicamente e, se volete, eroicamente e miracolosamente, resiste ai cambiamenti di uno sport, che era il più bello del mondo e che oggi rischia di diventare il più grottesco.

Il tifoso, si sa, è “malato” della sua passione, e questa sua malattia gli permette di non vedere, di sopportare maglie azzurre che a Natale diventano protagoniste di Alci e Babbi Natale, o che magari per San Valentino sono ignare destinatarie di enormi macchie di rossetto che nulla hanno a che vedere con la propria destinazione d’uso.

Il Malato oggi sopporta pazientemente, vittima della sua fede calcistica, subisce ogni tipo di angheria, sempre e per sempre dalla stessa parte della sua squadra del cuore. E così può capitare di trovarsi catapultato di giovedì, complice la Conference League, in mete improbabili dal gusto tutt’altro che esotico, per assistere a partite in terra cipriota, norvegese o, se vi aggrada, lituana, tanto per citare alcune delle nazioni partecipanti.

Tante volte vittima e spettatore privilegiato di questo spettacolo, mi domando: ma qualcuno ha chiesto ai tifosi?

Qualcuno ha chiesto se davvero sognavano un calcio con in campo le maglie con il numero 77, 99, 14, anziché la classica numerazione da uno a undici? Qualcuno ha chiesto ai tifosi se davvero sono entusiasti di esultare per un gol della propria squadra del cuore anche dopo due minuti in attesa del responso VAR?

Avete immaginato che forse per un tifoso lasciare il proprio stadio in nome del “Dio Business” forse non è esattamente una grande Idea?

Capisco che ormai le società di calcio sono sempre di più imprese, o meglio holding mondiali, dove la società è la casa madre e i singoli calciatori imprese individuali che per un periodo di tempo, più o meno lungo, si affiliano alla capogruppo. Ma siamo davvero sicuri che, andando avanti così, i tifosi, o sarebbe più corretto dire i clienti, resteranno per sempre seduti ai propri seggiolini nei propri stadi del cuore?

Io, per amore della verità, non ne sarei così sicuro. A gente come Giovanni Vincenzo Infantino, presidente FIFA, che sul proprio profilo Instagram, tutto festante in nome dello Show, dopo nemmeno un’ora dalla fine di Barcellona-Napoli, mostra in video la scritta Juventus F.C. (quest’anno squalificata in UEFA) e le dà il benvenuto al Mondiale per club del prossimo anno, vorrei fare solo una domanda: ma voi ai tifosi l’avete chiesto se era giusto cambiare così tanto il gioco del calcio? Se era necessario abbandonare la Coppa dei Campioni per farla diventare il Campionato dei Mercanti? Se era così inevitabile creare campionati spezzatini solo e soltanto per sacrificare il totocalcio al calcio scommesse?

In questo panorama dai confini scuri e sbiaditi, se non vogliamo che questo sport perda per sempre di appeal, è necessario forse ascoltare di più i tifosi e rimetterli al centro del progetto. Se non vogliamo che il calcio diventi in futuro solo uno sport da play, è fondamentale ridare credibilità. Bisogna ripartire con una programmazione seria e auspicabilmente condivisa da chi davvero ama questo sport, i tifosi!

Per ripartire servono persone e istituzioni credibili che facciano rispettare con serietà le regole. Fair Play finanziario e No to Racism non devono apparire come slogan senza senso ma concetti condivisi e, soprattutto, applicati da tutti. 

In quest’ottica l’Inter, futura campionessa d’Italia, e la decisione per la squalifica di Acerbi sono specchio di un calcio del vorrei ma non posso…che ci lasciano in attesa del Giudizio Universale.

Gennaro Di Franco

Anguissa: “Ora la squadra è più unita. Possiamo fare qualcosa di importante”

Anguissa: “Ora la squadra è più unita. Possiamo fare qualcosa di importante”

Frank Anguissa ha rilasciato delle dichiarazioni a Sky Sport dopo la sconfitta contro il Barcellona in Champions League.

queste le parole del centrocampista del Napoli:

“Abbiamo giocato contro una squadra di qualità, abbiamo preso due gol facili che si potevano evitare. Si poteva fare qualcosa se davanti avessimo fatto le scelte giuste, la squadra ha fatto di tutto per vincere ma non ci è riuscita. Il calcio è così, puoi dare tutto e non vincere. Sono contento per la squadra, che ha dato tutto e non ha lasciato niente.

Ci sono ancora partite da giocare in campionato e dobbiamo pensare di vincerle tutte, per me si può fare ancora qualcosa di grande. Ora siamo più uniti, i calciatori pensano a giocare per la squadra. L’atteggiamento generale del gruppo è positivo e si può fare qualcosa di importante.

L’anno scorso abbiamo fatto una stagione incredibile. Il campionato non è finito, i napoletani si aspettano tanto dagli attaccanti. Mi fido di Osimhen e Kvara, abbiamo bisogno di loro”.