Archiviata la seconda sosta per le nazionali, il campionato del Napoli riparte dalla complicata trasferta di Empoli.
La squadra di Antonio Conte vuole vincere per difendere la testa della classifica, dopo le vittorie ottenute ieri da Milan e Juventus, e provare a mettere un po’ di pressione all’Inter che stasera giocherà contro la Roma.
Dopo l’infortunio di Meret, il Napoli perde anche Stanislav Lobotka. Eppure, nonostante lo slovacco sia una pedina fondamentale nello scacchiere azzurro, forse non c’è da preoccuparsi.
Una rosa completa, o quasi…
Attraverso un attivissimo calciomercato estivo, ad Antonio Conte è stata consegnata una rosa più che capace di affrontare la Serie A e i pochi impegni di Coppa Italia.
Il tecnico ha infatti a disposizione diverse alternative in ciascun ruolo, ma a fare la differenza è la qualità delle stesse. I vari Neres, Spinazzola, Gilmour, Caprile, Simeone, Raspadori – per citarne alcuni – sarebbero titolari in diverse squadre del nostro campionato. A Napoli, invece, agiscono nel ruolo di ottime risorse, seppur in secondo piano rispetto al corrispondente “titolare”.
Con l’infortunio muscolare di Lobotka, ad esempio, sarà chiamato in causa proprio Billy Gilmour. Tra i pali, visti i forfait di Meret, è stato impegnato Caprile. E domenica non è da escludere che Spinazzola possa sostituire uno stanco Olivera.
Ad Empoli per mandare un segnale al campionato, ma c’è ancora lavoro da fare
Dunque ad Empoli gli azzurri dovranno fare a meno di tre calciatori molto importanti, ma la competitività della rosa concede a Conte una certa tranquillità.
Lo stesso discorso non può essere applicato a una posizione del campo in particolare: quella del centrale difensivo. A Verona, per l’esordio in campionato; è mancato il nuovo innesto Alessandro Buongiorno, rimpiazzato da un insufficiente Juan Jesus. E lo stesso Rafa Marín, acquistato dal Real Madrid per 11 milioni di euro, non ha ancora dato garanzie.
Insomma, visto un sistema di gioco oramai collaudato e una rosa molto profonda – nonché di qualità – in molte posizioni, per adesso il Napoli può forse anche permettersi di perdere calciatori importanti, almeno per qualche giornata.
La speranza dei tifosi è che la squadra venga ritoccata nel calciomercato di gennaio, così da non dare alcuna preoccupazione ad Antonio Conte.
Eppure, una cosa è certa: se l’assenza di Lobotka dovesse passare inosservata come quella di Meret, il Napoli avrà dato un’altra dimostrazione di forza.
Pronti partenza via! Presentata oggi la nuova rosa per la stagione 2024/25 del Napoli Futsal, capitanata da Fernando Perugino. La squadra, vincitrice nella passata stagione della Coppa Italia, quest’anno esibirà con fierezza sulle nuove maglie la coccarda tricolore. Si parte subito domenica in casa al PalaJacazzi di Aversa contro la Pirossigeno Cosenza per iniziare a concretizzare il sogno scudetto che la squadra di Mister Colini ha sfiorato nella passata stagione. Il tricolore perso solo negli ultimi minuti in gara, -3, contro la Meta Catania non ha certo scoraggiato il presidente Serafino Perugino che, pronti via, da navigato uomo di sport, ha incassato la sconfitta per ripartire con grinta e maggiore determinazione, mettendo su una squadra ancora più completa e competitiva che si avvia ai nastri di partenza nella massima serie come una delle possibili candidate alla vittoria finale. La concorrenza è tanta ed agguerrita ma, come ha dichiarato lo stesso presidente, imprenditore discografico di alto livello, la sua squadra è pronta a suonare non solo il rock, ma ad alzare il ritmo e a passare al metal per arrivare a nuovi traguardi. La squadra da un punto di vista tecnico è attrezzata, ma per raggiungere il sogno tricolore non basta solo gente come Duarte, Borruto e Salas, che sono materiale umano di primissimo livello, ma è necessario, se non vitale, che questa squadra torni a casa, come le stesse istituzioni hanno promesso, ma che fino ad ora non è successo. Il Napoli futsal ha bisogno di Napoli, e Napoli ha bisogno del Napolifutsal per combattere tutti uniti per la vittoria finale!
A causa delle Nazionali, gioco-forza, eccoci fermi per la seconda sosta del campionato, ma non tutti i mali vengono per nuocere: la pausa è propizia e ci dà l’occasione per una disamina più approfondita delle cose in casa Napoli.
Pensando a queste prime sette giornate di campionato e riavvolgendo il nastro dei ricordi, partendo da quel tragico Verona-Napoli 3-0, tanta acqua è passata sotto i ponti e di getto non c’è altra esclamazione più adatta di un bel: “E chi se l’aspettava!”.
Gli azzurri, partiti con le scorie della passata stagione – che definire dai toni chiaroscuri sarebbe fare un complimento a Di Lorenzo e compagni – avevano una febbre da cavallo, o se preferite da ciuccio, ma hanno reagito più che bene alla cura imposta da Antonio Conte.
“Amma faticà”, il detto di quest’estate, evidentemente non è stato solo uno slogan, ma un vero e proprio diktat che il tecnico salentino ha imposto non solo alla squadra, ma anche alla società. Consapevole degli errori grossolani compiuti l’anno precedente, la società si è cosparsa il capo di cenere e ha deciso di voltare completamente pagina, affidando in toto la gestione tecnica a Conte che, con il suo fedele compagno di avventura, Lele Oriali, ha rivoltato come un calzino non solo la rosa, ma anche la testa, e soprattutto le gambe della squadra.
Corre questo Napoli, e come se corre! (Cfr. forma fisica dell’anno precedente di Anguissa, Di Lorenzo e Rrahmani). Corre che è un amore, e lo fa sempre con il coltello tra i denti, bramoso di gridare ai propri tifosi, e a tutto il mondo calcistico, che lo scudetto da queste parti, dopo più di trentatré anni, non è passato per caso.
Il primo a essere consapevole che non era solo fortuna quella che ha accompagnato gli azzurri di Spalletti al tricolore è stato proprio Antonio Conte. Rimasto fermo ai box volontariamente, ha avuto da lontano una visione privilegiata e distaccata.
Sapientemente, l’anno scorso ha preferito non cedere alle lusinghe di metà stagione di Aurelio De Laurentiis e ha potuto osservare da lontano gli azzurri con tutti i loro pregi e difetti. Ha analizzato al microscopio il Napoli, studiandone il DNA, così da partire quest’anno con consapevolezza e lucidità. Certamente lui, a differenza della gestione francese di Garcia, qualche partita degli azzurri l’ha vista.
Il buongiorno si vede dal mattino e, così, pronti via, Conte rimpiazza Kim – che per un anno intero è stato il fantasma più acclamato al Diego Armando Maradona – con Alessandro Buongiorno, ex giocatore del Torino, non a caso capitano, che incarna a meraviglia lo spirito Toro della leggendaria squadra granata.
Ma un Buongiorno non fa primavera, e con tenacia e tanta pragmaticità, la ditta Manna-Conte mette su, proprio sul gong finale del calciomercato estivo, una squadra invidiabile, che il campo ha dimostrato essere solida e anche con tanta qualità.
C’è qualità in questo Napoli, caratteristica che evidentemente era già nell’epidermide di questa squadra e che ora spruzza fuori da tutti i pori, al punto tale che il tecnico azzurro, preso Scott McTominay, abbandona il suo dogma calcistico del 3-5-2 e passa a Torino, in casa della Juve, al 4-5-1-1, che in realtà maschera il 4-3-3 che da queste parti significa storia!
Primo in classifica a sette giornate dall’inizio, non certo per caso. La squadra, forte di quella base di calciatori tanto osannata da Conte, ha innestato nel proprio organico chili e centimetri, oltre a una buona dose di cattiveria.
Lukaku, il giocatore tanto voluto da Conte, desiderato e osannato tutta l’estate, è tanta, ma tanta roba. Romelu, dall’alto dei suoi 191 cm per 94 kg, porta con sé oltre 300 gol e tanti assist per i compagni. Come un sole in mezzo al campo, la sua presenza illumina i pianeti intorno a lui: Kvara, Neres, Politano.
Professionista esemplare, qualcuno lo giudica fuori forma, ma in realtà è tanta sostanza, e la doppia mancata chiamata in Nazionale belga fa capire da sola quanto il gigante buono del “Miglio Verde”, alias John Coffey, tenga alla nuova causa azzurra: 5 partite, 3 gol, 4 assist.
Capitolo McTominay: sarà un caso, ma lo scozzese porta sulle spalle il numero otto, che, messo in orizzontale, vuol dire infinito. Infinitamente ci stiamo innamorando di un ragazzo che, oltre a tanta professionalità, incarna il prototipo di calciatore che ogni tifoso azzurro sogna per la propria squadra del cuore. Forte nel tiro da lontano, capace di inserirsi nelle difese avversarie con tanta sapienza tecnico-tattica, riesce a scardinare le difese avversarie. In estrema sintesi, sta letteralmente folgorando il Diego Armando Maradona, che è stato grato a questo scozzese sin dal suo arrivo a Napoli.
I tifosi sono tifosi, ma sicuramente non stupidi, e certo hanno da subito stimato chi con consapevolezza ha lasciato la Premier League, i leggendari diavoli Rossi di Manchester, per indossare la maglia del Pibe de Oro.
Il bacio al primo gol al nostro stemma ha fatto il resto, ed è stato solo la naturale conseguenza di questo amore nato a prima vista.
E poi c’è lui, il leader silenzioso, l’erede del Capitano con la cresta, quello che ha sedotto e abbandonato tutti gli allenatori avversari, che, pure nell’anno horribilis dei tre allenatori in una stagione, ha mantenuto alto il suo livello di gioco: il Top Player, ca va sans dire, Stanislav Lobotka. Il centrocampista che fa invidia a tutti. Lobo, l’uomo che ha fatto dichiarare al neo-allenatore del Como, Cesc Fabregas, “nella mia squadra vorrei undici Lobotka”. Per la verità, Lobotka è stato pensiero fisso anche dell’ex Mister del Barcellona, Xavi, e chiodo fisso dell’attuale allenatore dei blaugrana, Hansi Flick. Entrambi, più di una volta, hanno segnalato alla dirigenza catalana lo slovacco, che miracolosamente è rimasto solo un oggetto dei desideri del Barcellona, solo e soltanto per motivi legati a bilanci non proprio all’altezza della situazione.
Panchina lunga, che diventa lunghissima, se si pensa al mancato impegno europeo. Gente come Neres, Gilmour, Simeone, Ngonge e compagnia bella sono materia prima umana che farebbe brillare gli occhi a tanti allenatori, ma che sapientemente, e direi strategicamente, Adl e Conte sono riusciti a tenere ancorati nel golfo di Napoli, uno dei golfi più belli del mondo.
Si dirà che il calendario del Napoli è stato più semplice rispetto agli altri. A parere di chi scrive, è solo una questione di lana caprina. Questa squadra ha ancora un potenziale inespresso enorme. Monca di una punta titolare, e devastata nel suo IO interiore, partita dopo partita, è stata capace di costruirsi in campo, minuto dopo minuto, grazie alla sapiente mano del luminare chirurgo Antonio Conte, giunto al capezzale di una squadra da molti data per spacciata.
Ad ogni modo, giova ricordare che andare a Torino in casa dei bianconeri, rivali di sempre, e prima ancora a Cagliari, e battere il Bologna qualificato in Champions League, non è affatto scontato né tantomeno semplice.
Siamo solo all’inizio, il bello deve ancora venire. Il risultato finale non è affatto garantito, ma una cosa è certa: Conte è un tecnico ultra-navigato e sarà capace sicuramente di far mantenere alta la concentrazione alla sua squadra.
Se poi ad un certo punto del percorso, il tecnico, oltre che a pensare alla sostanza del risultato, saprà far risaltare la grande qualità di palleggio di questa squadra, allora, signori cari, mettetevi comodi, perché ne vedremo delle belle.
Sciogliere le briglie della fantasia a Neres e compagni vorrebbe dire tornare alla Grande Bellezza, sublimando la grande concretezza del risultato finale, che alle squadre di Conte, almanacco alla mano, non è mai mancato.
“È un mostro, è un mostro” urlava a squarciagola – circa 12 anni fa – il telecronista Riccardo Trevisani, rifendosi all’attaccante uruguaiano Edinson Cavani.
Da quel momento ad oggi di “mostri” a Napoli ne sono passati, ma nell’ultima sessione di mercato ne è arrivato uno nato in Scozia che, pur non essendo quello di Loch Ness, fa comunque tanto parlare di sé…
Voglia di lasciare il segno
Lo scorso agosto, Scott McTominay ha deciso di tingere la sua carriera (e la sua vita) d’azzurro, lasciando il Manchester United dopo 22 anni, di cui 7 in prima squadra.
Il centrocampista ha voluto fortemente una nuova sfida per il proprio futuro. Non voleva più essere “uno qualunque” in Inghilterra, bensì giocare in un club che gli permettesse di brillare, come ha sempre fatto nella nazionale scozzese – pur sempre ultima nel girone di Nations League dopo 3 giornate – e come sta facendo a Napoli sin dal suo arrivo.
Le sue indiscutibili qualità fisiche e tecniche, abbinate alla sua intelligenza e duttilità tattica, lo rendono già uno dei migliori in Serie A nel suo ruolo. E lo ha capito anche Antonio Conte…
Conte “costretto” a cambiare
“Bisogna anche saper valorizzare i propri calciatori”, ha detto il tecnico del Napoli parlando del cambio di modulo effettuato nelle ultime settimane.
L’allenatore leccese ha costruito una versione 2.0 della squadra, inserendo McTominay nella lista degli 11 titolari – al posto di Mazzocchi – e dandogli la libertà di dialogare con Lukaku in fase offensiva.
Tale impiego dell’ex United, che nasce come attaccante, ha portato i suoi frutti in zona gol: Scott è costantemente pericoloso e ha collezionato 2 reti nelle ultime 3 uscite.
Insomma, Scott McTominay ha costretto Antonio Conte ad abbandonare la sua tradizionale difesa a 3 e sta facendo sognare i tifosi del Napoli. Chi avrebbe previsto tutto questo per i suoi primi 39 giorni in azzurro? Difficile saperlo, ma forse il meglio deve ancora venire…
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