Domenica al Maradona va in scena Napoli-Empoli, ultima partita prima di una sosta dovuta alla nazionale di Spalletti. In chiave europea, nel prossimo turno si gioca molto, o se preferite, tutto.
L’allenatore toscano, che da queste parti tutti ancora rimpiangono e che a distanza di mesi molti vedono ancora come il vero ed unico allenatore del Napoli, con la sua Italia, è chiamato a gridare presente. Non andare agli europei sarebbe cosa infausta e gravissima per tutto il movimento calcistico.
Ma questa è un’altra storia, ed è bene tornare alle cose in terra di Partenope.
Diciamoci la verità: tutti da queste parti con la dipartita di Spallettone sapevano di perdere un patrimonio unico. Pochi, però, nemmeno lo stesso De Laurentiis, avrebbero mai immaginato che già a novembre ci sarebbe stata questa sensazione di smarrimento totale che rasenta il vuoto pneumatico.
Ad oggi, il Vulcano Napoli appare completamente svuotato del suo magma di passione.
Tutti auspicavano che Garcia fosse il giusto sostituto, quello che in punta di piedi si sarebbe seduto in panchina e, fedele anch’esso al modulo tanto caro al nostro Napoli, il 4-3-3, avrebbe con disinvoltura continuato un progetto tecnico che tanta gioia aveva provocato, facendo parlare degli azzurri in tutto il mondo.
Il compito, diciamolo subito, non era facile. Il mister d’oltralpe ha avuto certamente il coraggio di dire sì, là dove molti allenatori prima di lui avevano in qualche modo nicchiato alla chiamata di De Laurentiis che, orfano di Luciano, quest’estate aveva messo su un vero e proprio casting di hollywoodiana memoria.
Ma una volta che Garcia aveva accettato, con tanto di presentazione in pompa magna al Museo di Capodimonte, ognuno pensava che il problema fosse risolto.
L’errore è stato proprio là. Il peccato originale è stato credere che Rudi potesse in qualche modo ripetere quello che Bigon fece dopo Bianchi. Ma il Napoli d’allora, signore e signori, aveva in campo il Dio Del Calcio, capace da solo di vincere un mondiale. Lui certo non era un calciatore qualunque.
Questa squadra, al contrario, se pure farcita di grandi talenti, non ha tra le sue fila Diego Armando Maradona. Questi calciatori non avevano bisogno di un gestore, ma di un grande allenatore, un fine comunicatore, quello che Spalletti, con tanto di scarpette bullonate al piede a bordo campo, è stato nella sua esperienza partenopea.
Ed ora eccoci qua, alla vigilia dell’ennesima partita spartiacque. L’impressione è che ai tifosi interessi poco il risultato finale, e che più di tutto bramino un cambio tecnico.
Quattro mesi sono stati sufficienti a convincere sempre di più il napoletano che Garcia, a torto o ragione, non è l’uomo giusto sulla panchina di questa squadra.
In questa città, dove il padre Vesuvio ha reso vulcanica ogni cosa e ogni suo abitante, quello che più conta è la passione, trasmettere entusiasmo. Diciamoci la verità: da questo punto di vista, sin dal ritiro a Dimaro, questo Mister con il suo aplomb francese non ha mai scaldato i cuori più di tanto.
Ed ora, dopo che per anni il Napoli ed i napoletani sono stati educati alla grande bellezza, la pragmaticità del mister francese non è tanto ben vista. In una città ricca di Barocco, il voler vincere passando per il bel gioco non è un semplice vezzo, ma una vera e propria necessità!
Il Napoli è in corsa per la qualificazione Champions e se vogliamo è anche quarto in campionato, il che a fine stagione vorrebbe dire raggiungere l’obiettivo minimo. Ma qui, da queste parti, la forma è sostanza. Le scialbe prestazioni in Europa vengono costantemente paragonate a quelle esaltanti dell’anno scorso.
Con ancora negli occhi le prestazioni contro Liverpool ed Ajax e il campionato sfavillante vinto giocando divinamente bene, le vittorie di corto muso ai napoletani non bastano. Soprattutto se, in fin dei conti, questa società ha visto con il mercato estivo partire un solo titolare fisso, Kim, che, per quanto fondamentale, non può essere stato lui da solo l’artefice del terzo scudetto.
Qui da questi parti amiamo il gioco del Pallone, il risultato è importante ma non fondamentale. D’altronde, la storia parla per noi. Un napoletano diventa tifoso del Napoli non certo per i risultati ottenuti. Qui da queste parti amiamo la bellezza, i “risultatisti” sono altrove, molto più semplice trovarli tifosi di maglie a strisce.
Ecco perché, indipendentemente dal risultato contro i toscani, al Presidente, ora più che mai, spetta un compito difficilissimo.
Sbagliare la scelta di un allenatore è normale, ma ora continuare con Garcia sarebbe quanto meno deleterio, per i suoi interessi economici e per la passione dei tifosi. D’altronde, come dare torto a una tifoseria campione d’Italia che in undici partite di campionato ha visto la propria squadra del cuore vincere in casa due sole volte.
In pochi mesi questa città e questa squadra hanno perso ogni entusiasmo, si sono auto depotenziati. Volti smarriti e quasi rassegnati affollano gli spalti di uno stadio che, fino a pochi mesi, fa vedeva la sua gente piangere lacrime di passione e amore. Per queste persone, ora come ora, cambiare è una necessità più che un’opportunità!
Gennaro Di Franco