Romelu Lukaku, durante la diretta Instagram con Kat Kerkhofs, moglie e presentatrice di Dries Mertens, ha rilasciato alcune importanti dichiarazioni anche in relazione all’emergenza per Covid-19: “Sono tornato da poco in Italia. Ci hanno permesso di tornare un po’ a casa ma stiamo stati richiamati rapidamente perché potremmo ricominciare a giocare. Abbiamo vissuto con preoccupazione questa cosa, temevamo una nuova quarantena di due settimane”.
Sulla sua posizione riguardo il virus Lukaku mostra come per i giocatori ci son problemi uguali a qualsiasi altra persona: “Mia madre ha il diabete, so che è un elemento di rischio e quindi sono preoccupato. Ogni quattro ore chiamo per sapere se ha bisogno di qualcosa. Ovviamente mi manca anche mio figlio Romeo e il mio piano era riportarli in Italia visto che ho due appartamenti a Milano, ma per adesso preferisco di no. Mio figlio è proprio come me. Mia mamma ha già detto che è Romelu 2.0. Ha il doppio di energia ed è due volte più pazzo”.
A questo punto vien fuori la dichiarazione che non ti aspetti e che torna indietro a quando il campionato era ancora in corso: “Tornammo da una settimana libera e posso giurare che 23 giocatori su 25 erano malati. Non scherzo e non me lo sto inventando. Nella partita contro il Cagliari, Skriniar ha dovuto lasciare il campo dopo appena 25 minuti perché si sentiva svenire e gli mancava il fiato. Ricordo che avevano tutti tosse e febbre. Ho provato poi una sensazione strana, fastidiosa. Quando mi sono riscaldato, sono diventato molto più caldo del solito. Non prendevo la febbre da anni. Dopo la partita c’è stata un’altra cena con gli ospiti di Puma in programma, ma ho ringraziato e sono andato dritto a letto. Non so cosa abbiamo avuto, non posso dire con certezza se fosse o meno Covid-19 perché in quel momento non se ne parlava così tanto. Probabilmente non sapremo mai se l’abbiamo presa o meno. Ho contribuito con 100.000 euro a un ospedale di Milano. Non ho mai fatto cose del genere prima d’ora. Non ci ho mai pensato. Più invecchio, più mi rendo conto di avere una piattaforma per aiutare le persone. Sono qui in Italia e sono stato accolto molto bene qui. Quindi è bello supportare le persone qui”.
Sul futuro personale pochi dubbi, si sente uomo di campo: “Vorrei giocare fino a 36 anni e il sogno è di concludere all’Anderlecht. Non ho nessuna intenzione di diventare opinionista, anche se sto seguendo un corso di formazione. Al limite mi vedrei come allenatore”.