Naim Rayyan il palestinese con un cuore azzurro
La storia di Naim Rayyan, il tifoso del Napoli che sogna di abbracciare la sua squadra e la città che ama da lontano
Tra le strade distrutte della Striscia di Gaza, c’è un ragazzo che non ha mai smesso di sognare. Si chiama Naim Rayyan, e il suo cuore batte forte per il Napoli.
In mezzo ai rumori della guerra, tra le sirene e la paura, Naim trova rifugio in un pensiero di luce: vedere l’Italia e, soprattutto, arrivare a Napoli, la città che sente come una seconda casa.
Naim ci ha donato parole che toccano il cuore, ricordandoci come il calcio possa diventare un ponte invisibile tra mondi lontani, una scintilla capace di tenere accesa la vita anche nei momenti più difficili.
In queste circostanze difficili, cosa significa per te essere un tifoso del Napoli?
“Essere un tifoso del Napoli per me significa aggrapparmi a una parte di vita in mezzo a tutto questo dolore. Il Napoli non è solo una squadra di calcio: è un simbolo di speranza e della capacità di rialzarsi dalle macerie.
Quando guardo il Napoli, sento che c’è una città che ci somiglia qui a Gaza — una città che ha lottato contro la povertà e l’emarginazione, ma continua a sorridere e ad amare la vita.”
Come hai scoperto il Napoli e come sei diventato suo tifoso, nonostante la distanza e le difficoltà della vita a Gaza?
“Tutto è iniziato molti anni fa, precisamente nel 2009, quando vidi dei filmati di Maradona con la maglia del Napoli. Mi incuriosì la sua storia con il club e rimasi colpito dalla passione negli occhi dei tifosi.
Sentii qualcosa di familiare, simile allo spirito della nostra gente a Gaza.
Con il tempo cominciai a seguire le partite, soprattutto perché mi ero innamorato di Marek Hamšík. È stato lui a farmi appassionare davvero alla squadra.
Da allora ho iniziato a conoscere meglio la città, fino a sentire che Napoli è come una seconda casa, anche se non ci sono mai stato.”
Quando hai visto il Napoli vincere il suo quarto scudetto lo scorso maggio, cosa hai provato? E come hai vissuto quella festa da Gaza?
“È stato un giorno indimenticabile. Guardavo la partita a casa di mio cugino, perché la batteria che usavo per seguire le partite si era rotta dopo due anni di interruzioni di corrente a causa della guerra.
Ogni gol mi faceva urlare come se fossi allo stadio. Dopo la vittoria sono tornato a casa a piedi, nel buio e con paura, perché i bombardamenti dell’esercito israeliano non distinguevano tra civili e militari.
In quel momento rischiavo la mia vita solo per vedere il Napoli campione.
Non potevo festeggiare come gli altri tifosi del Napoli, ma il mio cuore era pieno di gioia.
Ho scattato alcune foto con la maglia del Napoli accanto alla TV e ho condiviso la mia felicità sui social.
Era una piccola celebrazione in mezzo alle macerie, ma per me è stato un raro momento di felicità.”
Nonostante le difficoltà quotidiane a Gaza, sembri aver mantenuto viva la tua passione per il calcio. Da dove trai la forza per restare positivo?
“La forza viene dalla fede che la vita non si ferma, nonostante tutto quello che affrontiamo.
Il calcio mi dà l’energia per andare avanti, perché mi ricorda che la bellezza e la semplicità possono esistere anche tra le rovine.
Quando mi sento scoraggiato, prendo il telefono e parlo con i miei amici tifosi del Napoli.
Mi sono sempre stati accanto durante la guerra, e queste conversazioni mi ridanno forza e speranza.
Mi ricordano che la gioia è ancora possibile.”
In un tuo post su Instagram hai parlato del sogno di visitare Napoli e lo stadio. Cosa significherebbe per te vivere questa esperienza?
“Sarebbe la realizzazione di un sogno d’infanzia. Essere allo stadio Diego Armando Maradona, tra i tifosi, cantare le canzoni azzurre è molto più di un sogno sportivo.
È il simbolo di una vita normale, quella che ci è stata negata qui.
Solo il pensiero di poter vivere quel momento mi fa sorridere, nonostante tutto.”
Molti non apprezzano la libertà di andare allo stadio o tifare la propria squadra. Come vivi tu il concetto di libertà attraverso il calcio?
“Per me la libertà è vivere ciò che ami senza paura.
A Gaza ci mancano molte cose, ma il calcio ci offre una piccola finestra sul mondo.
Quando guardo il Napoli, sento di respirare una libertà temporanea — la libertà di sognare — anche se solo attraverso uno schermo.”
Hai mai parlato con altri tifosi del Napoli della tua vita a Gaza? Come reagiscono?
“Sì, molti tifosi mi scrivono ogni giorno online. Restano molto colpiti quando scoprono che c’è qualcuno che tifa Napoli da Gaza, nonostante la guerra.
Alcuni mi hanno mandato messaggi di sostegno davvero commoventi.
Il calcio unisce i cuori: la passione supera i confini e la politica.
Non ti nascondo che, durante la guerra, sono diventato piuttosto conosciuto tra i tifosi del Napoli, semplicemente perché non ho mai smesso di mostrare il mio amore per la squadra su tutti i social.”
Quando ti immagini sugli spalti dello stadio Diego Armando Maradona, cosa provi pensando di vedere finalmente la tua squadra dal vivo?
“Mi immagino lì, con la bandiera in mano, a cantare con tutti Forza Napoli Sempre.
Forse piangerei in quel momento — non solo per la gioia, ma perché sentirei di essere uscito, anche solo per un attimo, dall’assedio.
Verso una città che ho imparato ad amare senza averla mai vista.
Per me, quel momento sarebbe la mia vera libertà.”
Grazie, Naim, hai dimostrato a tutti cosa significa davvero amare la maglia azzurra.
La tua storia è un inno alla speranza, alla resilienza e all’universalità del calcio: quel linguaggio capace di unire i cuori anche quando tutto sembra dividerli.
Gennaro Di Franco

