Cosa si prova quando un simbolo di una città, un simbolo calcistico che ha segnato un’epoca, abbandona per sempre la sua seconda casa? Ho potuto vedere con i miei occhi la gente commossa fuori allo stadio San Paolo, tifosi e non per omaggiare, anche il terzo giorno il grande Diego Armando Maradona. Mi aspettavo meno gente, invece mi sono dovuto ricredere una volta arrivato fuori all’impianto di Fuorigrotta: questa città non l’ha abbandonato, anzi continua a mandargli messaggi, a onorarlo con magliette, sciarpe, striscioni, uno spettacolo pazzesco.


Tutti volevano fare una foto, un video al muro azzurro di ricordi fatto dai tifosi napoletani e dagli appassionati di questo sport. Sentivo commenti di chi ha vissuti quei sette anni, oppure dei ragazzi, anche più giovani di me, che chiamavano l’amico per organizzarsi con un piccolo omaggio all’argentino. Insomma, non era roba di tutti i giorni.



Vedendo queste immagini, sono tornato a quel lontano giorno del 2005, quando ebbi la fortuna di incontrarlo. Eppure, per me che avevo a malapena 11 anni, sembrava uno scherzo, fatto giusto per zittirmi in un anno difficile per il Napoli (in C dopo il fallimento ed eliminato dalla finale play off dall’Avellino). Il Pibe de Oro era in città perchè il giorno prima aveva preso parte all’addio al calcio di un suo amico, nonchè ex compagno in quella squadra che ha scritto la storia del calcio con due scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa Italiana, vale a dire Ciro Ferrara.


Io mi portai la maglia del Napoli Soccer, anzi la indossai per l’occasione: qualcosa dentro di me mi diceva che dovevo farlo, a prescindere da tutto. La mia intuizione fu premiata poche ore dopo quando mi portarono a questo programma dove Diego era ospite: prima della messa in onda, mi fecero andare dietro le quinte e lo vidi, sorridente e scherzoso con tutti. Mi presentai e senza dirgli nulla mi fece avvicinare, scambiò due veloci chiacchiere con me e mi firmò la maglia. Il cerchio si chiuse al termine del programma con una foto che, tutt’oggi, custodisco gelosamente. Avrà avuto mille difetti, tanti problemi, ma era capace di far sorridere tutti, anche bambini, come me, che videro in quell’annata caclistica un vero e proprio inferno. Ciao Diego, grazie di tutto.